PRIMA INTRODUZIONE AL
SAGGIO DI SPECULAZIONE SPECULARE
PER CHI SCRIVE

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IL CODICE PEHRDINCKYIJ
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Frammento dall’omonimo libroide mutante autoprodotto in 12 esemplari unici nell’anno 2000 da Troglodita Tribe S.p.A.f.
–Società per Azioni felici-

DEDICATA
a chi insiste a farsi i libri propri e NON cerca di guadagnare qualcosa scrivendo in rete ciò che la rete ordina.
a chi inventa pianeti e scrive parole non allineate, magari alienate, certamente altalenanti e lunatiche.
a chi sente che il tempo non esiste, che lo spazio e la luce sono illusioni letterarie avanzate nel buio di secoli manomessi dal telecontrollo troppo-tardo-telematico.

Volevo fare lo scrivente
Dopo quasi un miliardo di parole mi ero messo in testa di accettare la proposta di PEHRDINCKYIJ e diventare uno scrivente di tipo B, ma, com’è ovvio, mal sopportavo di dovermi attenere alle norme prestabilite dal CODICE. Eppure, quello era il solo metodo concesso.
Certo, avrei anche potuto cambiare identità e rigettarmi nel limbo degli scriventi di tipo C, oppure rifiutare e passare direttamente alla categoria A navigando tra sbronze letterarie e pagine pirata alla ricerca di qualche spicciolo per sbarcare il lunario, ma non ero il tipo, non avevo la strada nel sangue. La strada era un fatto con i controfiocchi. Non potevi darti alla strada così. E allora restava il CODICE PEHRDINCKYIJ. Certo che volevo combatterlo, ma volevo anche studiarlo, stargli vicino e mandarlo a memoria ingollando tutte quelle stramaledette postille che parevano sgusciarti tra le dita proprio quando ti sembrava fatta. Ma non solo.
Dovevi anche applicarlo sul tuo rapido fluire senza sosta nei labirinti dell’improvvisazione.
Non era come dare un esame e morta lì. Dovevi proprio buttartici dentro, sentire il CODICE pulsarti nelle vene, danzare nelle sue spire e scaricar parole negli interstizi delle sue belle righe parallele e uniformi alla conformità data.
Tanto per cominciare, il primo protocollo del CODICE imponeva un esagramma periodicizzato che doveva essere opportunamente interposto tra un’idea e l’altra della tua composizione. Certo, il calcolo per ottenere l’esagramma era piuttosto semplice, bastava sfruttare la punteggiatura con tecniche elementari e riuscivi a giostrare il periodo senza neanche sporcarti le mani. Inserivi la risultante poco prima dello sbocciare fulminante della nuova pensata che avrebbe diretto le tue righe verso orizzonti infinitamente gloriosi e potevi considerarti perfettamente in regola. Ma a lungo andare, tutta questa tiritera ti svirgolava la libertà, era come se ti si impilligramassero le parole che, alla fine, ballavano con il contagocce senza riuscire a scatenarsi come desideravi.
E questo è niente, perchè dovrei passare all’attacco con le novantanove regolette dei particolari che imponevano la perquisizione onomatopeica di tutte le descrizioni date. Il ribaltamento del senso, per esempio, non poteva perdere il nesso, neanche su licenza poetica. L’evidenza del paesaggio, per dirne un’altra, non poteva riflettere il particolare successivo. L’astrazione voluta, per buttarne lì una terza, doveva assecondare la libera fruizione delle note. E non continuo perchè potrei annoiare oltre la misura concessa dalla prescrizione delle premesse imposta in seconda istanza dal CODICE stesso.
Naturalmente, il CODICE PEHRDINCKYIJ prevede anche quello che sto facendo in questo istante e riflette se stesso in tutti i libri sul CODICE PEHRDINCKYIJ. Vale a dire che sarebbe troppo semplice cercare di farlo fesso con un meta-saggio sul saggio che assaggia alcune varianti del CODICE stesso.
Ma è importante notare che non ho mai avuto paura del CODICE PEHRDINCKYIJ e questo è di fondamentale importanza perchè il CODICE si nutre di paure, dilemmi, dubbi, tentennamenti. Di fronte ad uno scrivente del tutto liberato, quasi incosciente, ma pur sempre connesso agli obblighi che lo detengono sulla tastiera delle regole imposte, il CODICE PEHRDINCKYIJ appare in tutta la sua metafisica coglioneria ciabattante verso un amalgama di impossibili trabocchetti biforcuti.

POSTFAZIONE ODIERNA ALLA PRIMA INTRODUZIONE DEL 2000
A QUEI TEMPI ERA FANTASCIENZA DISTOPICA!
Oggi ci sono siti per guadagnare denaro scrivendo: basta loggarsi (fornendo tutti i dati sensibili compresa fotocopia dei documenti e del codice fiscale), entrare nella pagina dedicata e attendere la comparsa dei titoli. Come manna dal cielo, possono piovere in qualsiasi momento, come direttive calate dall’alto indicano quello che dovrai pensare, ricercare, elaborare e scrivere. Restano disponibili per pochi minuti, a volte secondi. L’attesa è parte del gioco. Spesso non c’è nulla e rimpiangi le occasioni perdute.

Una volta prenotato un titolo hai un tempo prestabilito per scrivere il contenuto richiesto, lo invii, e, se hai seguito fedelmente le direttive stilistiche ti vengono accreditati uno, due, a volte persino tre euro. I titoli, in alcuni casi, sono inventati da altri utenti che devono tenere conto delle indicizzazioni dei motori di ricerca. Anche la selezione dei contenuti, spesso, viene effettuata da utenti che hanno maturato un buon punteggio. E’ una sorta di macchina che funziona in automatico con servomeccanismi di bonus-malus, penalità-premio che servono a fidelizzare e spremere; una specie di versificatore orwelliano: quella macchina che produceva romanzi in automatico per i prolet nel mitico “1984”.

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