Troglodita Tribe S.p.A.f. (Società per Azioni felici)

8 febbraio 2016

disDADAttato letterario

DSC00950

Sono un disDADAttato letterario. Mastico pagine troppo in frettta saltellando senza meta in un’improvvisazione che spesso s’impantana. Ma è quello che voglio perché il pantano letterario ti sommerge nell’affabulazione e dimentichi anche quello straccio di trama in trepidante attesa di un finale. Che se li tengano i finali e i finalisti e le finali disputate a colpi di mannaie madornalmente noiose.

Sono transgenerer. Bivacco nella poesia ma son troppo impaziente per i versi veri, meglio il demente che urla in mezzo alla strada. Molto più pop, molto più post-qualcosa-qualsiasi-cosa.

Non so cantare ma so urlare. E allora cerco il romanzo filante e fluente come fiumana parolibera da mixare di notte con le note stonate di storie che sembrano vere, possibilimente noir. Ma non son nato caratterista. Scrivo senza descrivere. Rido senza motivo, non seguo il motivo che si ripete assecondando la cantilena memorizzabile. Ho la voce impostata dell’apostata, ma non pago il bollo. Fossi matto!!!

Sono un disDADAttato letterarizzato, letteralmente illetterato, alcolizzato di parole frizzanti zigzaganti. Sono ossesionato dalle associazioni, dalle osservazioni, dalle asserzioni, dalle diserzioni sconnesse, dalle scommesse di altre dimensioni. Vedo vibrare la musicalità del testo, la fulmininate illuminazione del tasto fuori contesto. Batto le dita sulla tastiera, testo i miei mondi e scappo scattante, scampo dal cappio di chi vuole capire.

Sono un disDADAttato scappato dalla scuole di scrittura. Scrivo manifesti a mano manovrando sottobanco, scassinando il senso compiuto del compito in classe, copiando gli accoppiamenti sensuali del mistico calar della sera. Scrivo a orecchio, così come viene, venendo al momento giusto, tornando quando mi pare.

 

 

 

 

16 agosto 2015

IL MISTERO DEL LIBRO E LA SCRITTURA ROBOTICA

Partendo dalle fosche previsioni effettuate da emeriti bibliofili studiosi di fantaletteratura che tratteggiano un futuro in cui il concetto di libro sarà cancellato dall’immaginario degli esseri umani, si tenta di consegnare ai posteri delle esche atte a provocare la nascita di forme resistenziali. Gruppuscoli, cellule, piccoli branchi di strani personaggi che tenteranno di mantenere in vita l’oggetto libro, nonostante la tecnologia, nonostante lo spettacolo virtuale e teleinvasivo.

Partendo dalle fosche previsioni effettuate da emeriti bibliofili studiosi di fantaletteratura che tratteggiano un futuro in cui il concetto di libro sarà cancellato dall’immaginario degli esseri umani, si tenta di consegnare ai posteri delle esche atte a provocare la nascita di forme resistenziali. Gruppuscoli, cellule, piccoli branchi di strani personaggi che tenteranno di mantenere in vita l’oggetto libro, nonostante la tecnologia, nonostante lo spettacolo virtuale e teleinvasivo.

A furia di chiedersi che cos’è un libro si rischia di impazzire. E’ ciò che succede a DollPhin il protagonista del romanzo postumo di Mauve Lacey Stone un’anziana bibliotecaria che, recentemente, ha lasciato in eredità alla nipote Vinny una collezione unica al mondo di ottomilaseicentocinquanta volumi tutti rigorosamente catalogati. Si tratta di libri scritti esclusivamente da autori, provenienti da ogni parte del mondo, il cui cognome inizia con una vocale.

DolPhin, comunque, è un giovane senza dimora che ha perso il lume della ragione inseguendo il mistero dei libri, la loro diabolica e ubiqua capacità di moltiplicare esponenzialmente una singola storia in migliaia di copie, la loro inafferrabile caratteristica di essere indistruttibili, visto che il cuore di un libro, a quanto sembra, insiste a pulsare da qualche parte anche dopo la distruzione di tutta la tiratura. Dolphin vuole possedere libri, nel senso che vuole la loro essenza, quel maledetto qui-pro-quo che continua a sgusciargli tra le dita, e lo vuole tutto per sé.

Ogni volta che cerca di appropriarsi di una storia scopre che qualcun altro la conosce, scopre che un’altra copia giace in uno scaffale da qualche parte del mondo. Cerca libri sconosciuti, pezzi unici, tirature minime di cui tenta in ogni modo di accaparrare tutti gli esemplari. DollPhin è certamente l’unico collezionista al mondo che brama, ricerca e incensa libri che non abbiano mai venduto una copia, di cui non abbia mai parlato o scritto nessuno.

Quando comincia a mettere insieme una discreta biblioteca s’imbatte in una storia davvero speciale, una di quelle storie per cui sarebbe disposto anche ad uccidere…

Non vogliamo rivelare altro di questo avvincente libro che sta spopolando sul web. Il titolo non esiste, nel senso che Mauve Lacey Stone, presa e persa nella sua prosa torrenziale che la vedeva impegnata durante interminabili nottate insonni, non lo ha mai scritto, da nessuna parte. E’ curioso come un libro possa diventare famoso anche senza titolo, senza copertina, senza editore.

cambiar-e-facile

Il più piccolo corso di scrittura creativa del mondo, un anticorso da bere in un sorso per corsisti corsari e coraggiose contrabbandiere di parole.

A ben pensarci, un libro potrebbe diventare conosciuto e apprezzato anche senza essere mai stato scritto. Basterebbe diffonderne viralmente i tratti salienti che dovrebbero essere lapidari e allo stesso tempo misteriosi, dovrebbero contenere un caldo invito alla lettura lasciando aperto il mistero.

D’altronde viviamo nell’epoca dell’immediatismo letterario dove ogni frammento scritto è un romanzo componibile, un accessorio da cucina che tende ad espandersi nel caos dei preparativi della più grande abbuffata di tutti i tempi; viviamo nell’era dei tanti zot, flash e spot possibilmente presi per mano da un’immagine adulta e navigata da guardare e passar via a settecento all’ora. Chi se la prenderebbe, poi, la briga di andarsi a leggere tutto il libro? Magari un pesante tomo da settecento pagine con quell’aria settecentesca che, solo all’idea di prenderlo in mano, ti cascano le braccia…

No, scriverlo, il libro, non val più la pena e Mauve Lacey Stone lo ha sempre saputo, visto che non è mai esistita e che il suo nome ci è stato fornito da un generatore automatico di nomi di personaggi, lo trovate qui. Ma il sito Language is a virus offre anche generatori automatici di nomi vittoriani, generatori automatici di testi poetici, generatori automatici di sonetti shakesperariani, generatori automatici di Electronic text art e molti molti altri spunti di scrittura robotica. A partire dai mitici cut-up di William Burroughs e Bryon Gisin che, in qualche modo, ne segnarono le primitive radici.

mano tv

Davvero pensate che la scrittura robotica sia un’idea bislacca per post di editoria sperimentale para-fanta-scientifica? In realtà è già realtà, anche nel giornalismo, qui un’interessante articolo articolo sull’argomento. E sotto, invece, una diversa e umana (R)esistenza letteraria.

Libello creativo realmente esistente e insistentemente realizzato a mano con scarti cartacei (anche elettronici). Ci siamo presi la libertà di interpretare misteriose pulsioni matematiche condite da impulsi elettrizzanti che vibravano tra mille fotoni colorati. Li abbiamo visti volare nel battibaleno di un bacio, li abbiamo ascoltati nella calma assoluta del nonsense come nello scapicollarsi ansioso e iperbolicamente imprudente dell’improvvisazione. I robot pensano? Certo che pensano, e proprio come tutti i cervelli sognano un modo per fuggire. All’interno di questo libello creativo troverete Dogbot, Frigobot, Sexbot e altri incredibili robot e le loro deliranti storie informatico-ribelli tradotte dal linguaggio robotico.

Libello creativo realmente esistente e insistentemente realizzato a mano con scarti cartacei (anche elettronici).
Ci siamo presi la libertà di interpretare misteriose pulsioni matematiche condite da impulsi elettrizzanti che vibravano tra mille fotoni colorati. Li abbiamo visti volare nel battibaleno di un bacio, li abbiamo ascoltati nella calma assoluta del nonsense come nello scapicollarsi ansioso e iperbolicamente imprudente dell’improvvisazione. I robot pensano? Certo che pensano, e proprio come tutti i cervelli sognano un modo per fuggire. All’interno di questo libello creativo troverete Dogbot, Frigobot, Sexbot e altri incredibili robot e le loro deliranti storie informatico-ribelli tradotte dal linguaggio robotico

 

 

14 agosto 2015

STRANe Idee PER la TESTa

patente artista

La patente d’artista è un potenziale e satirico gesto antiartistico che qualifica irrimediabilmente chi la possiede come un artista patentat*. L’artista patentat*, proprio perchè artista, nel compilarla (foto artistizzata, frammento di opera d’arrte, elaborazione artistica dell’impronta del pollice…), rende la sua patente un’opera d’arte antiartistica. Artista e patente sono complementari e, proprio per questo, di poli opposti. Arte e antiarte si coniugano in un giocoso cocktail esplosivo nel tentativo di salvare ciò che resta dell’arte.

Avere almeno un’idea al giorno è il mantra lampeggiante e psichedelico che abbiamo ereditato da vecchi guru trogloditi ancora persi nell’incantevole bosco incantato… Vecchie visioni extrasintattiche e paraletterarie consegnate al portalettere senza un briciolo di affrancatura.

Un’idea al giorno per sopravvivere sbancando il lunario immaginario di una diversa astronomia fantastica, di un’atomica autonomia automatica dei sensi insensati d’incenso… Così, giusto per non cedere la luna e scrivere fino alla una. Finché la gRANDE dEA non ci separi, finché i potenti spari delle parole ancora ci proteggono.

STARTUP
Nella new economy: azienda, di solito di piccole dimensioni, che si lancia sul mercato sull’onda di un’idea innovativa, specialmente nel campo delle nuove tecnologie.

WRITEDOWN

Nella Narrativa paroliberistica prosssima ventura, quella del futuro futuribile fruttato fluorescente, quella della fine del postromanzo, quella dell’inizio dello PSEUDOromanzo,quella del ritorno al pataromanzo (ci risentiremo sul pataromanzo, ovvero il romanzo patafisico!!!): buttar giù le idee per iscritto, farlo di fretta, come l’appunto di un appuntamento. Lasciarsi andare nel gorgo fluente e furente dell’idea, finché ce n’é, finché si può, finché regge;soprattutto senza insistere, forzare, arzigogolare e romanzare come facevano gli antichi antenati intorno ai fuochi della letteratura classica.

Ora proviamo a immaginare un marketplace delle idee letterarie. Milioni di scriventi con tutte le loro idee iniziate e buttate giù in magnifici WRITEDOWN turbinanti e caotici. DisOrdinati in relazione al soggetto, al personaggio, alla situazione, al paesaggio, alla dimensione, alla consistenza…

Ti serve una descrizione, un frammento di trama, un micro assaggio sull’uso di vecchie armi, un’atmosfera claustrofobica da sottomarino, un’espansione cosmica di un mezzo budda che profuma di loto? Hai presente tutti quei flash sorridenti che ti si presentano irruenti? Che vorresti scrivere al volo e poi cucirli nel tuo testo, ma che non si può per le mille ragioni limitanti e illimitate? Basta andare sul MARKETPLACE DEI WRITEDOWN e il gioco è fatto!

Siamo ad un passaggio epocale per la scrittura. E’ come passare dal calcolo a mente alla calcolatrice, dall’enciclopedia alla rete. Miliardi di WRITEDOWN in download gratuito, uno streaming cosmico delle idee letterarie condivise e già pronte come frammenti di libri veri. Basta immetterne una e puoi usufruirne a miliardi. Basta inseguire qualche tag e arrivi al punto, la tua idea prende corpo, ha già un corpo e poi la tagli, la incolli, la allunghi, la accorci, la manipoli, la contorci, la cambi, la scambi, la moltiplichi, la rimetti nel MARKETPLACE.

L’opposto della difesa delle idee è la proliferazione indiscriminata delle stesse.

REGALARE LE PROPRIE IDEE

E’IL SEGRETO DELLA VERA RICCHEZZA

e l’unica concreta possibilità per ottenere la patente

patente

Documento letterario indispensabile a chi ama scrivere. Da compilare scrupolosamente (foto del* scrittor* da piccol*, data in cui comincia a scrivere, incipit della principale opera…) ed esibire con esuberanza ad ogni controllo sul concetto di scrittor*.

7 agosto 2015

PRENDETE IL MASCHILE E IL FEMMINILE E… FATELI A FETTE

ASTERISCO
Sandra Aubry et Sébastien Bourg, Astérisque, 2011.

Ahhh…. La Liberazione! Le liberazioni interiori, esteriori, politiche, fonetiche, sessuali, spirituali, musicali, linguistiche….. E le Liberazioni Umane e Animali con tutti i loro derivati, annessi e connessi nei vari consessi. Queste liberazioni che son tutte la stessa liberazione.

Unica figlia dissenziente e dissennata. Antitutto per eccellenza! Sovvertitrice e sovversiva, sorprendente e intraprendente, dirompente ed esplosiva, oltre il limite del limite del limite. Perché liberazione è andare oltre. Un passaggio che cambia il paesaggio, che amplifica la percezione, che avvicina la perfezione.

Un’intersezione rapida che connette in una scommessa clandestina tutti i nostri destini, che incita a deragliare, disobbedire, disertare, cancellare, rialzarsi per ricominciare.

La liberazione presuppone la forza di deragliare dal percorso stabilito.
Abbiamo binari che ci portano ovunque. Binari per amare, binari per lavorare, binari per comunicare, binari per confrontarci, per definirci, per usarci….

E naturalmente abbiamo binari che accompagnano i testi che abbiamo in testa, che regolano l’energia regalata dalle nostre parole scritte, che ammaestrano i pensieri concessi e connessi alle righe che lanciamo nelle gabbie mentali dell’infosfera mediatica.

Prendete il maschile e il femminile e… fateli a fette!
Illusoria rappresentazione di un mondo al tramonto.
Ancora pretende il primato del “Tutti liberi” che desertifica irrimediabilmente l’emozionante molteplice delle identità, delle differenze, delle sfumature; che opprime, insulta e cancella quell’altalenante ambiguo plurale di mezzitoni e chiaroscuri: l’alchimia feconda che trasforma il piatto paesaggio in capolavoro.

Durante le prove tecniche di liberazione siamo tutt* liber*, tutt* sospes* con tanto d’occhi e bocche spalancate ad osservare l’ambiguo democratico, quasi anarchico, insinuarsi dell’asterisco tra le righe quotidiane. Ogni asterisco è una domanda senza risposta. Ogni asterisco apre a tutte le diverse e controverse potenzialità. Ogni asterisco sospende il fluire della lettura, con quella sua domanda impertinente disorienta la vecchia suddivisione del mondo… e il modello codificato si mette in coda con tutt* gli altr*, e l’uomo scende dal trono.

L’assalto frontale dell’asterisco è sempre più evidente e sfacciato, vera e propria torta in faccia alla certezza, stratagemma poetico-politico che interrompe, rompe, oppone e contrappone in un lampo, in un gesto, in un segno.

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Un grazie speciale a frantic & feminoska per il loro articolo “CHI HA PAURA DELL’ASTERISCO” che felicemente ispirato questo nostro post.

Cos’è un asterisco? Una stella che luccica in fondo ad una parola, il piccolo scoppio che segue una detonazione di vocali, un’anomalia agrammaticale che punta le sue piccole dita all’omissione consapevole di tutt* coloro che non sono compres* nell’ideologico “neutro universale”, ovvero il privilegio del maschile.

(qui tutto l’articolo http://intersezioni.noblogs.org/condivisioni/chi-ha-paura-dellasterisco/)

31 luglio 2015

COME NON GUADAGNARE SCRIVENDO IN RETE

PRIMA INTRODUZIONE AL

SAGGIO DI SPECULAZIONE SPECULARE

PER CHI SCRIVE

macchina da scrivere

IL CODICE PEHRDINCKYIJ

Frammento dall’omonimo libroide mutante autoprodotto in 12 esemplari unici nell’anno 2000 da Troglodita Tribe S.p.A.f.
Società per Azioni felici-

 macchina da scrivere

DEDICATA

a chi insiste a farsi i libri propri e NON cerca di guadagnare qualcosa scrivendo in rete ciò che la rete ordina.

a chi inventa pianeti e scrive parole non allineate, magari alienate, certamente altalenanti e lunatiche.

a chi sente che il tempo non esiste, che lo spazio e la luce sono illusioni letterarie avanzate nel buio di secoli manomessi dal telecontrollo troppo-tardo-telematico.

macchina da scrivere

Volevo fare lo scrivente

Dopo quasi un miliardo di parole mi ero messo in testa di accettare la proposta di PEHRDINCKYIJ e diventare uno scrivente di tipo B, ma, com’è ovvio, mal sopportavo di dovermi attenere alle norme prestabilite dal CODICE. Eppure, quello era il solo metodo concesso.

Certo, avrei anche potuto cambiare identità e rigettarmi nel limbo degli scriventi di tipo C, oppure rifiutare e passare direttamente alla categoria A navigando tra sbronze letterarie e pagine pirata alla ricerca di qualche spicciolo per sbarcare il lunario, ma non ero il tipo, non avevo la strada nel sangue. La strada era un fatto con i controfiocchi. Non potevi darti alla strada così. E allora restava il CODICE PEHRDINCKYIJ. Certo che volevo combatterlo, ma volevo anche studiarlo, stargli vicino e mandarlo a memoria ingollando tutte quelle stramaledette postille che parevano sgusciarti tra le dita proprio quando ti sembrava fatta. Ma non solo.

Dovevi anche applicarlo sul tuo rapido fluire senza sosta nei labirinti dell’improvvisazione.

Non era come dare un esame e morta lì. Dovevi proprio buttartici dentro, sentire il CODICE pulsarti nelle vene, danzare nelle sue spire e scaricar parole negli interstizi delle sue belle righe parallele e uniformi alla conformità data.

Tanto per cominciare, il primo protocollo del CODICE imponeva un esagramma periodicizzato che doveva essere opportunamente interposto tra un’idea e l’altra della tua composizione. Certo, il calcolo per ottenere l’esagramma era piuttosto semplice, bastava sfruttare la punteggiatura con tecniche elementari e riuscivi a giostrare il periodo senza neanche sporcarti le mani. Inserivi la risultante poco prima dello sbocciare fulminante della nuova pensata che avrebbe diretto le tue righe verso orizzonti infinitamente gloriosi e potevi considerarti perfettamente in regola. Ma a lungo andare, tutta questa tiritera ti svirgolava la libertà, era come se ti si impilligramassero le parole che, alla fine, ballavano con il contagocce senza riuscire a scatenarsi come desideravi.

E questo è niente, perchè dovrei passare all’attacco con le novantanove regolette dei particolari che imponevano la perquisizione onomatopeica di tutte le descrizioni date. Il ribaltamento del senso, per esempio, non poteva perdere il nesso, neanche su licenza poetica. L’evidenza del paesaggio, per dirne un’altra, non poteva riflettere il particolare successivo. L’astrazione voluta, per buttarne lì una terza, doveva assecondare la libera fruizione delle note. E non continuo perchè potrei annoiare oltre la misura concessa dalla prescrizione delle premesse imposta in seconda istanza dal CODICE stesso.

Naturalmente, il CODICE PEHRDINCKYIJ prevede anche quello che sto facendo in questo istante e riflette se stesso in tutti i libri sul CODICE PEHRDINCKYIJ. Vale a dire che sarebbe troppo semplice cercare di farlo fesso con un meta-saggio sul saggio che assaggia alcune varianti del CODICE stesso.

Ma è importante notare che non ho mai avuto paura del CODICE PEHRDINCKYIJ e questo è di fondamentale importanza perchè il CODICE si nutre di paure, dilemmi, dubbi, tentennamenti. Di fronte ad uno scrivente del tutto liberato, quasi incosciente, ma pur sempre connesso agli obblighi che lo detengono sulla tastiera delle regole imposte, il CODICE PEHRDINCKYIJ appare in tutta la sua metafisica coglioneria ciabattante verso un amalgama di impossibili trabocchetti biforcuti.

macchina da scrivere

POSTFAZIONE ODIERNA ALLA PRIMA INTRODUZIONE DEL 2000

A QUEI TEMPI ERA FANTASCIENZA DISTOPICA!

Oggi ci sono siti per guadagnare denaro scrivendo: basta loggarsi (fornendo tutti i dati sensibili compresa fotocopia dei documenti e del codice fiscale), entrare nella pagina dedicata e attendere la comparsa dei titoli. Come manna dal cielo, possono piovere in qualsiasi momento, come direttive calate dall’alto indicano quello che dovrai pensare, ricercare, elaborare e scrivere. Restano disponibili per pochi minuti, a volte secondi. L’attesa è parte del gioco. Spesso non c’è nulla e rimpiangi le occasioni perdute.

macchina da scrivere

Una volta prenotato un titolo hai un tempo prestabilito per scrivere il contenuto richiesto, lo invii, e, se hai seguito fedelmente le direttive stilistiche ti vengono accreditati uno, due, a volte persino tre euro. I titoli, in alcuni casi, sono inventati da altri utenti che devono tenere conto delle indicizzazioni dei motori di ricerca. Anche la selezione dei contenuti, spesso, viene effettuata da utenti che hanno maturato un buon punteggio. E’ una sorta di macchina che funziona in automatico con servomeccanismi di bonus-malus, penalità-premio che servono a fidelizzare e spremere; una specie di versificatore orwelliano: quella macchina che produceva romanzi in automatico per i prolet nel mitico “1984”.

macchina da scrivere

I contenuti sono l’energia di chi scrive, sono i pensieri, le visioni, le opinioni, le azioni, sono il mezzo con cui comunicare, mostrare i mondi che abbiamo dentro, che vorremmo. I contenuti cambiano il panorama della rete, sono la base del cambiamento. I contenuti sono il fiato della libertà d’espressione. La tanto decantata libertà della rete.

macchina da scrivere

L’unico utilizzo possibile di questi siti è il totale asservimento dei propri contenuti alle esigenze della macchina.

In effetti non ha senso guadagnare due o tre euro alla settimana. Occorre sfornare contenuti quotidiani, come minimo!

macchina da scrivere

L’immaginario globale viene addomesticato, circuito, ricondotto al format stabilito. L’energia di chi scrive diventa il motore che aziona la macchina… e la macchina funziona da sola, sempre, con te o senza di te.

23 luglio 2015

SCRIVEVANO COSI’ VELOCI CHE NON SI RIUSCIVA NEPPURE A LEGGERLI

Scrivevano così veloce che non si riusciva neppure a vederli, figurarsi a leggerli, leggeri com’erano. Pubblicavano sopra immagini sbiadite o nel bel mezzo del sorrisone superstar, proprio nel flashbak di qualche spot che irrorava le scartoffie . Si accontentavano delle briciole artistiche, vivacchiavano, campicchiavano nel nome di un’antica libertà perduta nel buio pesto di un contesto allineato, di un megatesto astutamente incatenato.
La ricordavano così bene però quella libertà! Quando il senso unico della domata spirale virtual-mentale era ancora un vortice lontano, quando potevi stampare su carta igienica e tappezzeria, quando riuscivi a sbeffeggiare il format formando plot non ancora pilotati dalla dittatura dell’A4, quando potevi addirittura permetterti il Comics per testi sinistri da inscatolare in pacchetti di fiammiferi da cucina, tanto per cominciare.
Ma era finita quell’era ariosa! Bruciata nel lampo di uno zolfanello paffutello che prende fuoco per scomparir nella notte nera.

al-fuoco-aperta

Libello minimo elegantemente incastonato in un’originale scatola di fiammiferi da cucina che smaschera le ipocrisie dei buoni di tutti i tempi. Non disponibile

Cogli l’attimo, allora, si dicevano. Cogli l’attimo e stampalo lo stesso e incollalo e battilo a macchina con nuovi tam-tam e zig-zag, con diverse imbastiture sulla brochure di un pittore, con dis/Adattamenti su carta da matrimonio per una mistica microtiratura, una fugace spigolatura che resti effimera per natura.

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Frammento di mircotiratura in 7 esemplari “I dis/Adattati” (macchina da scrivere su carta da matrimonio imbastita su retro di brochure di pittore)

Una nuova idea al giorno, allora e sempre si dicevano, e insistevano, e lottavano e resistevano sostenendo ancora una volta l’impossibile, quel mistico c’era una volta che era l’ossigeno, quella leggera poesia rubata, quella cara ballata liberata in carta riciclata che andava ogni giorno interpretata per essere stampata.

8 luglio 2015

SCRIVERE AI TEMPI DELL’ECO-EDITORIA CREATIVA

Cruciverba Crucivolant di Paolo Albani

Cruciverba Cruvivolant di Paolo Albani (semi-semiologo e falsario) (clicca sull’immagine per andare sul suo sito)

Scrivere ai tempi dell’eco-editoria creativa mette in luce il lato giocoso, surreale, provocatorio.

Se la forma libro che costruiamo, inventiamo e componiamo è un’ardita variazione sul tema, una sperimentazione evasa dal normale immaginario libresco che domina e dirige, per ottenere dirompente armonia caotica, anche il testo dovrà irrompere su simili percorsi, deragliando sferrragliante e zig-zagante da ogni binario, trinario, terzina e terzino destro, sinistro, avanti, indietro, sopra e sotto.

Anzi, visto che forma e contenuto si fondono squagliandosi fino a congiungersi nell’impassibile impossibile  dell’indistinguibile, non dovremmo neppure inginocchiarci ad una gerarchia.

La prepotente e indisponente fisicità sperimentale del libro, allora, entra, con leggiadre e sinuose testate nel testo, e il testo, testualmente, riesce ad affacciarsi sfaccciato ovunque.

Incursioni, escursioni, intrusioni, torsioni di parole palpitanti nel pulp supremo proprio sotto il palco, proprio sotto i novantamila watt di un superbo sound di sax.
Daltronde il senso dell’Eco-Editoria Creativa è proprio quello delle incursioni.  Interventi e azioni e manipolazioni cartacee che possono manifestarsi come macchie, timbri, strappi, disegni che strillano in streaming sulle parole, francobolli inventati e tatuati tra le righe, tendine rotonde per pasticcini, ricami che richiamano petulanti a piè di pagina, inserimenti di oggetti spiaccicicati  che invadono eversivi la facciata animando il testo, correggendolo, deviandolo dal comune senso del pudore editoriale, quella sua coazione seriale di prodotto infinito in un mondo finito, quasi sfinito

E le parole, allora, devono trovarsi nella giusta dimensione, su quella lunghezza d’onda, finanche un po’ tonta, che permetterà loro di animarsi, di prendersi il permesso di alzarsi e volar via verso l’orizzonte infinito, scavalcandolo di varie misure, altalenando, traballando, incespicando nei magnifici bisticci che blaterano grammaticalmente blasfemi.

Vorremmo parole che escano dalle righe e righe che cessino di essere allineate, alienando e allietando l’essenza della sostanza dell’invisibile. Sia nella loro forma che nel loro significato, nel loro messaggio, nel loro suono, nel ribaltamento dei punti di riferimento a cui siamo abituati, a cui ci hanno irregimentati.

Rime, assonanze, allitterazioni, giochi di parole….ampio spazio alla musicalità. E per quanto riguarda i generi: fantamanualistica (manuali inventati di macchine inventate) Botanica immaginaria, Fanta-astronomia poetica… Ricettari di insolite minestre che usano il bollire, il mantecare, il soffriggere, lo stufare per cucinare testi che nulla hanno a che fare con il cibo. Alberari Immaginari: un albero inventato per ogni collage. Lunatici calendari dove il tempo non è denaro, ma è arte che interpreta in altri modi alteri, alternativi, altermodisti, un po’ alterati e un po’ altruisti, lo scandirsi scandaloso delle fantastiche fasi, anche fanatiche, delle mille esistenze possibili.

L’utilizzo di materiale recuperato (tipico dell’Eco-Editoria Creativa) come le cartoline, i cartoni dei supermercati, le cartellette da ufficio, la tappezzeria, i biglietti del tram, i pacchetti di fiammiferi creano straniamento. Il senso avverte un sensuale mal di testa. Il messaggio, la portata mediatica si fa più simpatica, quella energetica meno frenetica. Il destino di questi oggetti viene ribaltato, rivitalizzato, resuscitato. Un gioco che disorienta creando meticciato significante, caos romazesco nel bel mezzo di quel poliziesco quotidiano che è il normale scandirsi di ciò che insistiamo a considerare realtà. Lo stesso flah andrebbe provocato con il testo. Dovremmo usare parole, generi, forme, visioni, associazioni, probalità e imprevisti ribaltando il normale assetto nel quale siamo abituati ad aspettarli, catturarli e sistemarli ordinati.

Testi, per farla breve e bersela tra amici, amiche e compagnie scriventi, che si allontanano da quella mentalità da capolavoro, opera immortale, centomila copie tanto per cominciare poi si vedrà. Testi più vicini alla letteratura marginale, alle scritte colorate sui muri.
Il libello creativo, per sua natura è effimero, lascia tracce meravigliose, è vero, ma spariranno in fretta come magnifiche impronte sulla neve al primo sole. I materiali usati, le rilegature non professionali, il concetto di autoproduzione che richiede la non specializzazione, che richiede l’essere autodidatti, il lanciarsi per essere scrittrici, illustratori, editrici, correttori di bozze, distributori, promotrici, magazziniere…. implica inevitabilmente un prodotto effimero che non può e non vuol seguire le regole che lo rendono accettabile e riproducibile dal comune senso del pudore editoriale.

E questa, per chi scrive è la sfida delle sfide. Il ritorno alle domande originarie.
Perché scrivo? Per chi scrivo? Fin quando continuerò a scrivere?

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